LABOR CASE STUDY
N.01


01 FEBBRAIO 2021

Contrazione del virus COVID 19 in occasione di trasferta

Contesto generale

In adempimento di obblighi contrattuali in essere con una Società Cliente, un datore di lavoro privato ha disposto la trasferta di propri lavoratori.  

Attori primari

In forza delle disposizioni vigenti, che consentono la circolazione nell’ipotesi in cui questa sia fondata su esigenze lavorative, il datore di lavoro ha inviato in trasferta in data 21 ottobre 2020 due propri lavoratori 

Domanda

Quali effetti giuridici discendono sul datore di lavoro e sul lavoratore nell’ipotesi in cui quest’ultimo dichiari di aver contratto il virus in occasione di lavoro durante la trasferta? 

Fonti normative

  • Articolo 42, comma 2 del D.L. 17 marzo 2020, n. 18
  • Articolo 1, comma 14 del D.L. 16 maggio 2020, n. 33
  • Articolo 29-bis del D.L. 8 aprile 2020, n. 23
  • Articoli 17, 26, 28 e 29 del D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81
  • Articolo 53 del D.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124
  • D.P.C.M. 13 ottobre 2020
  • Protocollo 24 aprile 2020 di regolamentazione per il contenimento della diffusione del COVID-19 negli ambienti di lavoro
  • INAIL, circolare 3 aprile 2020, n. 13
  • INAIL, circolare 20 maggio 2020, n. 22

Principi generali

Ove non siano espressamente previste specifiche limitazioni, la disciplina emergenziale ammette la possibilità che al ricorrere di esigenze lavorative il datore di lavoro possa disporre la trasferta di un proprio lavoratore, a condizione che siano osservate le disposizioni dettate dal Protocollo 24 aprile 2020 nonché eventuali ulteriori misure equivalenti (o più incisive) regolate mediante apposito protocollo sanitario aziendale.   Nel caso in cui il lavoratore dichiari di essere stato contagiato in occasione di lavoro svolta in regime di trasferta, il datore di lavoro è tenuto a trasmettere la denuncia di infortunio per via telematica. Qualora sia accertato che l’infezione è stata contratta durante lo svolgimento dell’attività lavorativa, il lavoratore interessato ha diritto alla tutela infortunistica. 
Per quanto concerne la tutela della salute nei luoghi di lavoro:

  • il datore di lavoro provvederà ad una nuova valutazione del rischio di contagio in occasione di lavoro e alla luce degli elementi di conoscenza raccolti in occasione della predisposizione della denuncia di infortunio, adottando, ove ritenuto opportuno (e recependo le indicazioni del medico competente e, nuove misure tecniche ed organizzative che consentano di dominare e contrastare il profilo di rischio rilevato;
  • quando il contagio sia occorso in regime di trasferta durante l’esecuzione di un contratto d’appalto d’opera o servizi, è fatto obbligo al datore di lavoro comunicare senza ritardo al committente o appaltatore le circostanze dell’infortunio perché questi possano adottare le necessarie misure di prevenzione nei confronti di coloro che siano venuti in stretto contatto con il lavoratore contagiato. Le parti provvedono altresì alla rielaborazione del documento di valutazione dei rischi da interferenze.     

Scenario

In via preliminare, è opportuno precisare che a seguito della denuncia d’infortunio l’INAIL conduce un accertamento medico-legale al fine di appurare che l’evento dedotto nella denuncia costituisca effettivamente un infortunio in occasione di lavoro. 
A tal fine, operano presunzioni semplici ovvero sono considerati indizi che, quando i) gravi, ii) precisi e iii) concordanti, consentano comunque di presumere – anche sulla base di elementi epidemiologici, clinici, anamnestici e circostanziali - che il contagio sia avvenuto durante lo svolgimento dell’attività di lavoro. 
In ogni caso, la qualificazione dell’evento come infortunio - operata sulla base dell’equiparazione tra causa virulenta e causa violenta propria dell’infortunio - non comporta di per sé l’attribuzione di una responsabilità penale né civile del datore di lavoro. Infatti, l’accertata origine professionale del contagio è totalmente avulsa da ogni valutazione in ordine alla imputabilità di eventuali comportamenti omissivi in capo al datore di lavoro che possano essere stati causa del contagio.

Nel caso in esame, i lavoratori in trasferta si sono recati presso un terzo utilizzando la medesima autovettura. Se al momento della trasferta nessuno dei due lavoratori presentava i sintomi tipici derivanti dalla contrazione del virus, nei giorni immediatamente successivi un lavoratore risultava positivo al tampone molecolare. Sottoposto al medesimo trattamento sanitario, anche il secondo lavoratore risultava positivo. L’esame delle circostanze consente di ritenere ragionevolmente che il contagio sia avvenuto durante l’attività di trasferta, facilitato dall’inosservanza delle norme che prescrivono il distanziamento sociale.
Pur dovendo dare una lettura ‘temperata’ al disposto di cui al paragrafo 9. del Protocollo 24 aprile 2020 che impone la sospensione e l’annullamento di ogni trasferta per effetto delle disposizioni che consentono gli spostamenti per esigenze di lavoro non solo nell’ambito del territorio nazionale, ma anche transnazionali (seppure con limitazioni puntualmente regolate), il datore di lavoro non ha disposto che la trasferta avrebbe dovuto essere condotta servendosi di mezzi di trasporto propri e mantenendo durante lo svolgimento dell’attività il distanziamento sociale.
        
In ogni caso, a seguito della dichiarazione del lavoratore il datore di lavoro deve aver provveduto ad un riesame della valutazione dei rischi da contagio in occasione di lavoro ai sensi dell’articolo 29, comma 3 del D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81), introducendo misure idonee a scongiurare fonti di rischio in occasione di trasferta, prevedendo, nell’ipotesi in cui il ricorso all’istituto della trasferta sia frequente e imprescindibile, un apposito regolamento.

Avuta la notizia della dichiarazione del lavoratore contagiato, il datore di lavoro è altresì tenuto ad individuare i lavoratori che nel corso delle due settimane che precedono l’infortunio siano venuti in contatto con il lavoratore contagiato, affinché possano essere adottate le misure più opportune di prevenzione del rischio (ricorrendo eventualmente a indagini sierologiche e diagnostiche) ed organizzative e, pur seguendo le indicazioni del medico competente, possa essere garantito il miglior bilanciamento tra le esigenze economiche e della produzione e il corretto funzionamento del sistema di prevenzione e protezione.

Essendo stato rilevato in occasione della trasferta, il contagio ha comportato la rielaborazione del documento di valutazione dei rischi ai sensi dell’articolo 26 del D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81, perché le misure di prevenzione siano condivise tra il datore di lavoro appaltante e appaltatore (con il necessario coinvolgimento di eventuali subappaltatori) e definite formalmente. 

L’indennità per inabilità temporanea assoluta tutela il lavoratore contagiato anche per il periodo di quarantena.

Per quanto concerne la ripresa del servizio da parte dei lavoratori risultati positivi al tampone molecolare, il paragrafo 2. prevede che sia presentata la documentazione rilasciata dall’autorità sanitaria ed attestante l’avvenuta negativizzazione, anche nell’ipotesi in cui trattasi di un lavoratore positivo a lungo termine, in relazione al quale il Ministero della Salute prevede invece che possa essere interrotto l’isolamento dopo 21 giorni dalla comparsa dei sintomi (circolare 12 ottobre 2020, n. 32850).



Si rimane a disposizione per qualsiasi eventuale ulteriore confronto si dovesse ritenere opportuno






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