NOVA
N. 87


05 NOVEMBRE 2020

Istituzione e aggiornamento del protocollo sanitario aziendale

L’articolo 2 del D.P.C.M. 24 ottobre 2020, in vigore sino al 24 novembre 2020, sancisce l’obbligo per il datore di lavoro di rispettare le disposizioni di cui al Protocollo 24 aprile 2020, recante misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus negli ambienti di lavoro nonché delle misure contenute in specifici protocolli di settore (a titolo esemplificativo, nel settore dei cantieri, del trasporto e della logistica). 

L’impresa è quindi tenuta a recepire dette misure adottando un protocollo sanitario aziendale ‘anticontagio’ che può a sua volta contemplare diverse e ulteriori misure di prevenzione, purché ‘equivalenti’, cioè aventi la stessa efficacia rispetto alle misure espressamente individuate dal Protocollo ovvero maggiormente incisive. 

In ogni caso, il protocollo sanitario aziendale è implementato considerando le specifiche esigenze imprenditoriali e l’evoluzione del rischio epidemico. In particolare, il protocollo aziendale deve essere necessariamente coordinato con il sistema di prevenzione e protezione già adottato dal datore di lavoro, costituendosi di fatto quale integrazione ed aggiornamento del documento di valutazione dei rischi (articoli 28, comma 2 e 29, comma 3 del D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81).

L’adozione del protocollo aziendale non può infatti prescindere da un’attività di valutazione dei rischi, formalizzata in un documento avente data certa (articolo 17, comma 1, lettera a) del D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81) e nel quale confluiscono:

 a) la relazione di valutazione dei rischi, che, per quanto concerne il rischio di contagio, impone di valutare anche:

  • il rischio in itinere, cioè il rischio a cui il lavoratore è esposto per raggiungere la sede di lavoro. Il datore di lavoro deve favorire l’utilizzo di navette o mezzi privati e, nell’ipotesi in cui egli stesso organizzi il trasporto, il servizio deve essere offerto garantendo la tutela della salute dei lavoratori (anche in relazione ai rischi di contagio da interferenza con l’impresa appaltatrice o subappaltatrice che rende il servizio di trasporto). A tal proposito, è opportuno precisare che anche il contagio verificatosi in itinere è qualificato come infortunio (articolo 42, comma 2 del D.L. 17 marzo 2020, n. 18, convertito in legge, con modificazioni, dalla Legge 24 aprile 2020, n. 27). Peraltro, nell’ipotesi in cui sia accertato che il contagio discenda da una violazione delle norme stabilite in materia prevenzionistica, l’impresa potrebbe incorrere nella responsabilità amministrativa dell’ente (articolo 25-septies del D.Lgs. 8 giugno 2001, n. 231),
  • il rischio da interferenza, valutato quando più imprese si trovino ad operare nel medesimo teatro lavorativo. Le misure di prevenzione devono essere concordate e recepite anche da eventuali appaltatori, subappaltatori od affidatari di un’opera o di un servizio i cui lavoratori svolgano l’attività lavorativa nelle pertinenze aziendali del committente (articolo 26, comma 3 del D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81 e paragrafo 3. del protocollo 24 aprile 2020).

 b) l’indicazione delle misure di prevenzione adottate, specie in relazione alle procedure previste per l’ingresso nelle pertinenze aziendali, disciplinate dal paragrafo 2 del Protocollo 24 aprile 2020. Sul punto è previsto che l’accesso al luogo di lavoro sia preceduto, nel rispetto della disciplina sul trattamento dei dati personali, dal controllo della temperatura corporea da parte di addetti appositamente designati dal datore di lavoro. E’ impedito l’accesso al lavoratore che i) abbia una temperatura corporea superiore a 37,5° e ii) negli ultimi 14 giorni abbia avuto contatti stretti con un soggetto risultato positivo al virus. In tal caso, l’articolo 26, comma 1 del D.Lgs 17 marzo 2020, n. 18 prevede che il lavoratore osservi un periodo di quarantena pari a:

  • 14 giorni decorrenti dall’ultima esposizione ovvero
  • 10 giorni dall’ultima esposizione, a fronte di un test rino-faringeo risultato negativo (Ministero della Salute, circolare 13 ottobre 2020, n. 32850).

L’accesso al luogo di lavoro di un lavoratore risultato positivo al virus è consentito solo dopo che lo stesso abbia certificato l’avvenuta negativizzazione del tampone.

 c) il programma di interventi destinati a garantire il miglioramento dei livelli di tutela della salute.

Il datore di lavoro è tenuto ad informare adeguatamente ciascun lavoratore circa il complesso di disposizioni introdotte in forza del protocollo aziendale (e che afferiscono anche al trattamento dei dati personali), indicando espressamente procedure, adempimenti ed effetti giuridici derivanti sia dall’accertamento dello stato di salute che dalle informazioni che ciascun lavoratore è tenuto a rendere al datore di lavoro (ad esempio, il lavoratore è tenuto a informare senza ritardo il datore di lavoro laddove insorgano sintomi influenzali, anche durante l’orario di lavoro).

Con riferimento al rischio da contagio in occasione di lavoro, la ristretta osservanza delle disposizioni dettate dal Protocollo 24 aprile 2020 esime il datore di lavoro dalla responsabilità di cui all’articolo 2087 del codice civile, in forza del quale è fatto obbligo di adottare ‘misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro’ (articolo 29-bis del D.L. 8 aprile 2020, n. 23, introdotto, in sede di conversione, dalla Legge 5 giugno 2020, n. 40).

 La mancata osservanza delle disposizioni contenute nel Protocollo 24 aprile 2020:

  • può comportare la sospensione dell’attività sino al ripristino delle condizioni di sicurezza (articolo 1, comma 15 del D.L. 16 maggio 2020, n. 33);
  • espone il datore di lavoro a una responsabilità penale nell’ipotesi in cui il lavoratore riporti lesioni gravi o gravissime ovvero deceda a motivo della contrazione del virus in occasione di lavoro riconducibile alla violazione di norme prevenzionistiche (articoli 589 e 590, comma 2 del codice penale). Come anticipato, l’impresa potrebbe incorrere nella responsabilità amministrativa dell’ente quando sia accertato che il contagio discenda da una violazione delle norme stabilite in materia prevenzionistica (articolo 25-septies del D.Lgs. 8 giugno 2001, n. 231).


Si rimane a disposizione per qualsiasi eventuale ulteriore confronto si dovesse ritenere opportuno






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