NOVA
N.99


11 DICEMBRE 2020

Contratto di espansione – utilizzo della CIGS con esonero del contributo addizionale

Con circolare n.143 del 9 dicembre 2020 l’INPS, a seguito di approfondimenti e precisazioni del Ministero del Lavoro (e superando le indicazioni precedentemente fornite con circolare n.98/2020), è intervenuto per chiarire come l’impresa che accede al contratto di espansione di cui all’art. 41 del D.Lgs. n. 148/2015 deve considerarsi esonerata dall’obbligo di versamento del contributo addizionale. Rimane, invece, fermo, quanto precedentemente chiarito in materia ai termini di decadenza per il conguaglio della prestazione erogate dal datore di lavoro.

L’art. 41 del D.Lgs n. 148/2015, in sintesi, in via sperimentale per gli anni 2019 e 2020, prevede che nell’ambito di processi di reindustrializzazione e riorganizzazione delle imprese con un organico superiore a 1.000 unità lavorative che comportano, in tutto o in parte,

  • una strutturale modifica dei processi aziendali finalizzati al progresso e allo sviluppo tecnologico dell'attività, nonché
  • la conseguente esigenza di modificare le competenze professionali in organico mediante un loro più razionale impiego, nonché
  • l’assunzione di nuove professionalità,

l'impresa possa avviare una procedura di consultazione funzionale alla stipulazione di un “contratto di espansione” con il Ministero del lavoro e delle politiche sociali e con le associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale o con le loro rappresentanze sindacali aziendali ovvero con la rappresentanza sindacale unitaria.

Nell’ambito di tale contratto, il datore di lavoro

  • riconosce ai lavoratori che si trovino a non più di 60 mesi dal conseguimento del diritto alla pensione di vecchiaia o anticipata (nell'ambito di accordi di non opposizione e previo esplicito consenso in forma scritta dei lavoratori interessati) e fino al raggiungimento di detto diritto, ed a fronte della risoluzione del rapporto di lavoro, un'indennità mensile (ove spettante comprensiva dell'indennità NASpI) commisurata al trattamento pensionistico lordo maturato dal lavoratore al momento della cessazione del rapporto di lavoro, così come determinato dall'INPS (in ipotesi il primo diritto a pensione sia quello previsto per la pensione anticipata, il datore di lavoro versa anche i contributi previdenziali utili al conseguimento del diritto, con esclusione del periodo già coperto dalla contribuzione figurativa a seguito della risoluzione del rapporto di lavoro),
  •  può disporre nei confronti degli altri lavoratori interessati dal contratto di espansione, al fine di garantire loro un’adeguata attività formativa finalizzata alla riqualificazione e all’aggiornamento delle loro competenze professionali, una riduzione oraria mediamente non superiore al 30 per cento dell'orario giornaliero, settimanale o mensile (per ciascun lavoratore, la percentuale di riduzione complessiva dell'orario di lavoro può essere concordata fino al 100 per cento nell'arco dell'intero periodo per di validità del contratto di espansione è stipulato), mediante l’intervento della cassa integrazione guadagni straordinaria per una durata temporale non superiore a 18 mesi, anche continuativi.

Se in un primo momento, con circolare n. 98 del 3 settembre 2020 emanata dall’INPS d’intesa con il Ministero del lavoro, era stato chiarito come in riferimento all’intervento della CIGS nell’ambito del contratto di espansione trovassero piena applicazione le disposizioni di legge ordinariamente vigenti in materia di obbligo al pagamento del contributo addizionale e di termine di decadenza per il conguaglio delle indennità di CIGS, con circolare n. 143/2020 l’INPS, solo per quanto attiene il contributo addizionale, supera la (recente) indicazione.
Viene, pertanto, chiarito come alla luce di approfondimenti condotti dal Ministero del Lavoro e delle politiche sociali, in caso di ricorso al contratto di espansione – e dunque alla CIGS per la casuale di riorganizzazione aziendale di cui all’art. 21, comma 1, lett. a) del D.Lgs. n. 148/2015 – il datore di lavoro non sia tenuto al pagamento del contributo addizionale di cui all’art. 5 del medesimo decreto (che prevede l’applicazione di un contributo pari al 9%, 12% o 15%, a seconda del ricorso fatto dall’azienda agli ammortizzatori sociali nel quinquennio mobile, da calcolarsi sulla retribuzione globale che sarebbe spettata al lavoratore per le ore di lavoro non prestate, relativamente ai periodi di integrazione salariale).

In conclusione, si segnala come il testo della legge di bilancio oggi all’esame del Parlamento preveda la proroga, con modifiche, del contratto di espansione anche per l’anno 2021; nello specifico, si discute in merito alla possibilità di estendere la possibilità di ricorrere all’istituto anche alle imprese con oltre 500 dipendenti, prevedendo inoltre (ma questo solo per le aziende con più di mille dipendenti) una riduzione dei versamenti per 12 mesi a condizione che venga effettuata un’assunzione ogni tre uscite.


Si rimane a disposizione per qualsiasi eventuale ulteriore confronto si dovesse ritenere opportuno






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