1. Premessa
A far data dal 13 agosto 2022, l’art. 4, c. 1, lett. c) del D.Lgs. 27 giugno 2022, n. 104 ha sostituito l’art. 2 del D.Lgs. 26 maggio 1997, n. 152, introducendo nuove disposizioni in materia di prestazioni di lavoro all’estero e operando una distinzione tra i) distacco e ii) missione all’estero, da raccordare con un tessuto normativo già articolato e riconducibile in particolare alla disciplina dettata dall’art. 30 del D.Lgs. 10 settembre 2003, n. 276 e dal D.L. 31 luglio 1987, n. 317, convertito in legge, con modificazioni, dalla Legge 3 ottobre 1987, n. 398 e recante ‘Norme in materia di tutela dei lavoratori italiani operanti nei Paesi extracomunitari’.
Il presente intervento mira a svolgere una prima analisi e ricognizione del citato art. 2 del D.Lgs. 26 maggio 1997, n. 152, in un’ottica di raccordo con l’impianto normativo già vigente in materia, riservando particolare attenzione ai riflessi di natura previdenziale nell’ipotesi di distacco transnazionale realizzato in uno Stato dell’Unione europea così come in uno Stato non comunitario, anche quando esso non abbia stipulato con l’Italia una convenzione bilaterale in materia di sicurezza sociale.
Esulano dall’ambito d’esame del presente le disposizioni introdotte con riferimento alla missione del lavoratore all’estero, il regime di prestazioni assistenziali a cui ha diritto il lavoratore in distacco nonché considerazioni con riguardo al regime impositivo dei redditi prodotti dal lavoratore durante il periodo di distacco.
2. Distacco all’estero - Inquadramento
Come noto, il distacco si configura quando un datore di lavoro (distaccante) pone temporaneamente un lavoratore (distaccato) a disposizione di altro soggetto (distaccatario) per l’esecuzione di una determinata attività lavorativa al fine di soddisfare un proprio interesse (art. 30, c. 1 del D.Lgs. 10 settembre 2003, n. 276).
Sebbene mediante il distacco si realizzi un parziale trasferimento del soggetto titolare del potere direttivo, esercitato temporaneamente anche dal distaccatario che, peraltro, beneficia direttamente dell’utilità economica derivante dall’attività di lavoro del lavoratore distaccato, detta modifica non incide in alcun modo sulla titolarità del rapporto di lavoro, che continua ad intercorrere esclusivamente tra il lavoratore e il datore di lavoro distaccante. Peraltro, è lo stesso art. 30, c. 2 del D.Lgs. 10 settembre 2003, n. 276 a prevedere che ‘in caso di distacco il datore di lavoro rimane responsabile del trattamento economico e normativo a favore del lavoratore’.
In tal senso, l’orientamento della Corte di Cassazione è costante: il distacco del lavoratore non determina ‘una novazione soggettiva e l’insorgenza di un nuovo rapporto con il beneficiario della prestazione lavorativa, ma solo una modificazione nell’esecuzione del rapporto stesso’ (ex plurimis, Corte di Cassazione, sentenza 15 luglio 2019, n. 18888).
Dunque, ai fini della legittimità del distacco, devono sussistere i requisiti espressamente individuati dall’art. 30, c. 1 del D.Lgs. 10 settembre 2003, n. 276 e di seguito elencati:
a) interesse del datore di lavoro a distaccare un proprio lavoratore presso un soggetto terzo. Come anticipato, il distacco è genuino quando esso sia fondato su uno specifico (temporaneo) interesse del datore di lavoro, riconducibile, ad esempio, ad un vincolo contrattuale derivante dalla stipulazione di un contratto con il soggetto distaccatario. L’interesse non è detto abbia natura economica; esso, ad esempio, può consistere in una motivazione imprenditoriale di ordine tecnico, produttivo, organizzativo o commerciale ovvero, secondo taluni orientamenti, anche di ordine morale o solidale.
In ogni caso, ‘l’interesse produttivo deve essere specifico, rilevante, concreto e persistente, accertato caso per caso, in base alla natura dell’attività espletata’, sì che non può essere meramente ricondotto all’oggetto sociale dell’impresa (MLPS, circolare 24 giugno 2005, n. 28);
b) temporaneità del distacco. Giusto quanto disposto dall’art. 30, c. 1, il distacco è genuino solo quando il lavoratore sia posto temporaneamente a disposizione del distaccatario; in tal senso, la temporaneità deve essere intesa ‘in funzione della persistenza dell’interesse del distaccante’ (MLPS, circolare 15 gennaio 2004, n. 3);
c) svolgimento di un’attività lavorativa determinata. Il lavoratore distaccato deve essere adibito ad attività specifiche e volte al soddisfacimento dell’interesse del distaccante (MLPS, interpello 2 febbraio 2011, n. 1). Inoltre, dal momento che l’art. 2 del D.Lgs. 26 maggio 1997, n. 152 obbliga il datore di lavoro distaccante a fornire per iscritto e prima dell’invio in distacco qualsiasi modifica degli elementi costitutivi del rapporto di lavoro, qualsivoglia eventuale modificazione delle mansioni o funzioni affidate al lavoratore nel corso del distacco deve essere formalmente resa nota a quest’ultimo con congruo anticipo.
Fermo restando che ‘il distacco che comporti un mutamento di mansioni deve avvenire con il consenso del lavoratore interessato’ (art. 30, c. 3, primo periodo de D.Lgs. 10 settembre 2003, n. 276) che qualsiasi modifica degli elementi del rapporto di lavoro deve essere comunicata dal datore di lavoro con anticipato rispetto alla data d’invio (art. 2, c. 1 del D.Lgs. 26 maggio 1997, n. 152), si consideri altresì come l’invio in distacco del lavoratore e un eventuale previsto mutamento di mansioni o funzioni affidate durante il periodo di distacco possa di per sé comportare anche un adeguamento delle informazioni che è fatto obbligo rendere al lavoratore con riguardo a i) i rischi specifici a cui l’attività di lavoro in regime distacco può esporre il lavoratore e ii) alle misure di prevenzione e protezione sulla base delle informazioni rese dal soggetto distaccatario (art. 36 del D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81). Alla luce di tali elementi di conoscenza, potrebbe rendersi necessario un aggiornamento del lavoratore sul piano formativo in materia di tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro da svolgere in preparazione all’invio in distacco.
Peraltro, lo svolgimento dell’attività di lavoro durante il periodo di distacco in un teatro lavorativo non conosciuto potrebbe rendere necessario lo svolgimento di una specifica attività formativa, da effettuare prima dell’invio del lavoratore distaccato (art. 36 del D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81) sulla base delle informazioni che, ad esempio, l’appaltante è tenuto a fornire al datore di lavoro appaltatore (e subappaltatore) ai sensi dell’art. 26, c. 1, lett. b) del D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81.
Il distacco può essere di natura nazionale o transnazionale.
Per quanto concerne il distacco transnazionale che costituisce appunto l’oggetto del presente approfondimento, l’invio in distacco di un lavoratore in uno Stato estero è disciplinato, come detto, oltre che dal D.L. 31 luglio 1987, n. 317, anche dal citato art. 2 del D.Lgs. 26 maggio 1997, n. 152, introdotto dall’art. 4, c. 1, lett. c) del D.Lgs. 27 giugno 2022, n. 104 con effetto dal 13 agosto 2022.
Più precisamente, l’art. 2 del D.Lgs. 26 maggio 1997, n. 152 stabilisce che il datore di lavoro che distacchi un lavoratore in uno Stato membro ovvero in uno Stato non comunitario, nell’ambito di una prestazione transnazionale di servizi, è tenuto ad informare quest’ultimo, per iscritto e prima della partenza, circa qualsiasi modifica degli elementi del rapporto di lavoro di cui all’art. 1 del medesimo decreto legislativo che caratterizzi il periodo di distacco.
In ossequio a tale disposizione, il datore di lavoro è tenuto a rendere le ulteriori informazioni di seguito elencate:
i) il paese o i paesi in cui il lavoratore svolgerà l’attività lavorativa;
ii) la durata del distacco;
iii) la valuta in cui sarà corrisposta la retribuzione;
iv) le condizioni che disciplinano il rimpatrio, ove previsto;
v) la retribuzione cui ha diritto il lavoratore conformemente alle disposizioni normative dello Stato membro ospitante (non avendo nella maggior parte dei casi conoscenza alcuna in materia con riferimento allo Stato d’invio, è ragionevole ritenere che il distaccante possa ottenere l’informazione dal distaccatario stesso);
vi) le eventuali prestazioni ulteriori in denaro o in natura inerenti agli incarichi svolti;
vii) le eventuali indennità specifiche per il distacco e le modalità di rimborso delle spese di viaggio, vitto e alloggio;
viii) l’indirizzo del sito internet istituzionale dello Stato membro ospitante in cui sono pubblicate le informazioni sul distacco, se esistente.
Come accennato, resta inteso che, oltre al necessario raccordo con quanto disposto dall’art. 30 del D.Lgs. 10 settembre 2003, n. 276, l’obbligo informativo afferisce a qualsiasi intervenuta variazione degli elementi di cui agli artt. 1 e 1-bis del medesimo D.Lgs. 26 maggio 1997, n. 152.
A mero titolo esemplificativo, opportune e più specifiche informazioni rispetto a quanto prescritto dal più sopra richiamato art. 2 del D.Lgs. 26 maggio 1997, n. 152 devono essere certamente rese con congruo anticipo dal datore di lavoro distaccante ai fini dell’inequivocabile individuazione:
- del soggetto distaccatario;
- del luogo nel quale il lavoratore distaccato sarà tenuto a svolgere l’attività di lavoro di lavoro durante il periodo di distacco, del quale deve essere formalizzata la data di decorrenza e la durata.
L’obbligo informativo può altresì afferire a:
- le caratteristiche dell’attività di lavoro;
- gli elementi costitutivi della retribuzione nonché la periodicità e le modalità di corresponsione degli stessi;
- la programmazione dell’orario normale di lavoro e delle eventuali condizioni afferenti al lavoro straordinario alla luce delle intese raggiunte dal datore di lavoro con il soggetto distaccatario;
- gli enti e gli istituti dello Stato d’invio ai quali saranno eventualmente versati la contribuzione obbligatoria di previdenza ed assistenza nonché i premi assicurativi posti a carico del datore di lavoro;
- qualsivoglia ulteriore forma di protezione in materia di sicurezza sociale fornita dal datore di lavoro durante il periodo di distacco;
- la durata e le modalità di fruizione del periodo di ferie nonché di altri eventuali periodi di congedo retribuito di cui il lavoratore inviato in distacco ha titolo a fruire in forza della legislazione vigente nello Stato d’invio;
- le modalità di utilizzo di sistemi decisionali e di monitoraggio automatizzati che dovessero essere eventualmente impiegati dal soggetto distaccatario durante il periodo di distacco (art. 1-bis del D.Lgs. 26 maggio 1997, n. 152);
In ogni caso, vige il principio di parità di trattamento tra il lavoratore distaccato e i lavoratori occupati presso lo stato d’invio o d’occupazione. In particolare, durante il periodo del distacco, al rapporto di lavoro in essere con il lavoratore distaccato si applicano - ove più favorevoli - le medesime condizioni di lavoro stabilite dallo Stato di occupazione per i lavoratori che svolgono prestazioni analoghe nel luogo in cui si svolge il distacco (art. 3 della Direttiva 96/71/CE del 16 dicembre 1996).
3. Distacco in uno Stato dell’Unione europea
Ai sensi dell’art. 45 del Trattamento sul Funzionamento dell’Unione europea, ogni cittadino ha il diritto di circolare e soggiornare liberamente nel territorio di ciascuno Stato membro. La libera circolazione dei lavoratori all’interno dell’Unione europea costituisce dunque uno dei principi fondanti del diritto comunitario e il distacco si configura quale strumento giuridico volto alla sua realizzazione.
In deroga ai principi stabiliti dall’art.11 del Regolamento (CE) n. 883/2004 del 29 aprile 2004 ai fini dell’individuazione della legislazione applicabile in materia di sicurezza sociale e fermo restando quanto disposto dall’art. 13 del medesimo Regolamento in tema di legislazione applicabile nell’ipotesi di esercizio dell’attività di lavoro in due o più Stati membri, l’art. 12 dello stesso Regolamento stabilisce, come noto, che il lavoratore che eserciti un’attività di lavoro subordinata in uno Stato membro (Stato di provenienza) per conto di un datore di lavoro che ivi eserciti abitualmente la sua attività, ed è da questo distaccato per svolgere la prestazione lavorativa in un altro Stato membro (stato di occupazione), è soggetto alla legislazione dello Stato di provenienza, a condizione che:
a) la durata del distacco non superi prevedibilmente la durata di ventiquattro mesi;
b) il lavoratore non sia inviato in sostituzione di un altro lavoratore.
Inoltre, ‘la persona che esercita abitualmente un'attività lavorativa autonoma in uno Stato membro e che si reca a svolgere un’attività affine in un altro Stato membro rimane soggetta alla legislazione del primo Stato membro, a condizione che la durata prevedibile di tale attività non superi i ventiquattro mesi’.
Dunque, nel caso in cui un datore di lavoro distacchi un lavoratore in un altro Stato membro trovano applicazione, quando siano osservate le condizioni più sopra indicate, le disposizioni normative in materia di contribuzione previdenziale ed assistenziale stabilite dall’ordinamento italiano. A tal fine, il lavoratore distaccato deve essere in possesso del documento ‘A1’, rilasciato dall’INPS previa formale istanza del datore di lavoro ed esibito, quando richiesto al lavoratore dall’organismo di vigilanza dell’istituto di previdenza obbligatoria dello Stato di occupazione, al fine di comprovare l’effettivo adempimento degli obblighi stabiliti in materia di sicurezza sociale nello Stato di provenienza.
4. Distacco in uno Stato non comunitario
Con riferimento al distacco di un lavoratore realizzato in uno Stato non comunitario, la disciplina di riferimento è rinvenibile nel D.L. 31 luglio 1987, n. 317, recante, come precisato in premessa, ‘norme in materia di tutela dei lavoratori italiani operanti nei Paesi extracomunitari’.
L’art. 2 del citato decreto legge prevede che il contratto di lavoro del lavoratore distaccato all’estero deve prevedere:
- un trattamento economico e normativo complessivamente non inferiore a quello previsto dal contratto collettivo nazionale di lavoro stipulato dalle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative per la categoria di appartenenza del lavoratore;
- l’entità delle prestazioni in denaro o in natura connesse con lo svolgimento dell’attività di lavoro all’estero;
- la possibilità per i lavoratori di ottenere il trasferimento in Italia della quota di valuta trasferibile delle retribuzioni corrisposte all’estero, fermo restando il rispetto delle norme valutarie italiane e del Paese d’impiego;
- un’assicurazione per ogni viaggio di andata nel luogo di destinazione e di rientro dal luogo stesso, per i casi di morte o di invalidità permanente;
- il tipo di sistemazione logistica;
- idonee misure in materia di sicurezza.
Tali prescrizioni devono essere opportunamente raccordate sia con quanto previsto dal citato art. 30 del D.Lgs. 10 settembre 2003, n. 276 che con quanto disposto in tema di obblighi informativi dall’art. 2 del D.Lgs. 26 maggio 1997, n. 152, dal momento che ciascuno degli elencati elementi deve essere formalmente comunicato al lavoratore interessato dal provvedimento di distacco con congruo anticipo.
L’art. 1, c. 1 del D.L. 31 luglio 1987, n. 317 prevede che nel caso di cui il lavoratore sia inviato in distacco in uno Stato non comunitario, il lavoratore italiano è in ogni caso iscritto alle seguenti forme di previdenza ed assistenza sociale:
- assicurazione per l’invalidità la vecchiaia ed i superstiti (IVS);
- assicurazione contro la tubercolosi;
- assicurazione contro la disoccupazione involontaria;
- assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali;
- assicurazione contro le malattie;
- assicurazione di maternità.
4.1 Regime di contribuzione obbligatoria nell’ipotesi di distacco in uno Stato non comunitario convenzionato
Al fine di individuare il corretto regime di previdenza obbligatoria applicabile con riferimento al lavoratore inviato in distacco in uno Stato non comunitario, è necessario operare la preliminare distinzione tra Stati con i quali:
a) viga una convenzione - totale o parziale - in materia di sicurezza sociale;
b) non sia stato sottoscritto un accordo in materia di sicurezza sociale.
Di seguito, si riporta l’elenco degli Stati con i quali è attualmente in vigore una convenzione bilaterale in materia di sicurezza sociale: Argentina, Australia, Brasile, Canada e Quebec, Israele, Isole del Canale e Isola di Man, Stati dell’ex-Jugoslavia (Repubblica di Bosnia ed Erzegovina, Repubblica del Kosovo, Repubblica di Macedonia, Repubblica di Montenegro, Repubblica di Serbia e Vojvodina), Principato di Monaco, Repubblica di Capo Verde, Repubblica di Corea, Repubblica di San Marino, Città del Vaticano, Tunisia, Turchia, Uruguay, Stati Uniti d’America e Venezuela.
Nell’ipotesi di cui alla precedente lettera a), il datore di lavoro è tenuto al versamento della contribuzione previdenziale obbligatoria (‘IVS’) determinata sulla retribuzione effettivamente corrisposta al lavoratore in distacco.
Gli elementi della contribuzione assistenziale (‘contribuzione minore’) sono invece calcolati sulla base delle retribuzioni convenzionali e versati ad indirizzo dell’ente di previdenza obbligatoria competente.
Per quanto concerne le retribuzioni convenzionali, è opportuno precisare che tali retribuzioni, fissate con cadenza annuale mediante apposito decreto del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali di concerto con il Ministro dell’Economia e delle Finanze, sono determinate in misura non inferiore a quelle stabilite dal contratto collettivo nazionale di lavoro di categoria e settore (art. 4, c. 1 del D.L. 31 luglio 1987, n. 317).
Con riferimento all’anno 2022, il Dicastero ha determinato le retribuzioni convenzionali per i lavoratori all’estero con D.M. 23 dicembre 2021, pubblicato in Gazzetta Ufficiale in data 18 gennaio 2022.
Le retribuzioni convenzionali sono contenute in tabelle suddivise per settore, categorie e fasce professionali e, come detto, costituiscono la base per il calcolo:
- dei contributi dovuti per le assicurazioni obbligatorie dei lavoratori italiani operanti all’estero (INPS, circolare 26 gennaio 2022, n. 12);
- delle imposte sul reddito da lavoro dipendente (art. 51, c. 8-bis del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917).
Le retribuzioni convenzionali trovano applicazione a condizione che il lavoratore:
- soggiorni in uno Stato estero per un periodo superiore a 183 giorni nell’arco di 12 mesi. Detto periodo deve intendersi riferito all’effettiva permanenza del lavoratore all’estero stabilita dal contratto di lavoro individuale. Nel computo del limite di 183 giorni sono ricompresi i periodi di ‘ferie, festività, riposi settimanali e gli altri giorni non lavorativi, indipendentemente dal luogo in cui sono trascorsi’ (MEF, circolare n. 207/E/2000);
- svolga la prestazione lavorativa ‘integralmente’ all’estero (AdE, interpello 17 maggio 2021, n. 345);
- risulti fisicamente residente in Italia ai sensi dell’art. 2 del TUIR. Trattasi dei soggetti che per la maggior parte del periodo d’imposta – ossia per un periodo superiore a 183 giorni anche non continuativi nell’anno – risultino:
i) essere iscritte all’anagrafe della popolazione residente nello Stato ovvero
ii) avere il domicilio o la residenza nel territorio italiano (art. 43 del codice civile).
4.2 Regime di contribuzione obbligatoria nell’ipotesi di distacco in uno Stato non convenzionato
Nel caso in cui il lavoratore sia inviato in distacco in uno Stato non comunitario con il quale non viga una convenzione bilaterale in materia di sicurezza sociale, la contribuzione obbligatoria e i premi assicurativi sono calcolati sulle retribuzioni convenzionali (art. 4, c. 1 del D.L. 31 luglio 1987, n. 317).
Trova in ogni caso applicazione la norma secondo cui l’aliquota complessiva posta a carico del datore di lavoro è ridotta di dieci punti percentuali, da utilizzare fino ad esaurimento sulle singole aliquote delle gestioni assicurative interessate, secondo l’ordine degli elementi contributivi più sopra riportato ai punti da 1) a 6) (art. 4, c. 2, lett. a) del D.L. 31 luglio 1987, n. 317).
È previsto che con decreto interministeriale, il Ministro del Lavoro e delle Politiche sociali, di concerto con i Ministri degli affari esteri e del tesoro, possa esonerare dall’obbligo del versamento dei contributi dovuti alle assicurazioni sociali obbligatorie per i dipendenti stranieri, le imprese straniere appartenenti a Paesi che concedono analogo esonero alle imprese italiane operanti sul loro territorio per i lavoratori italiani alle loro dipendenze (art. 3, c. 8 del D.L. 31 luglio 1987, n. 317).
Si rimane a disposizione per qualsiasi eventuale ulteriore confronto si dovesse ritenere opportuno.