Contesto generale
La società Alpha S.r.l. opera nel settore ICT, offrendo ai propri clienti una piattaforma informatica funzionale alla fatturazione elettronica oltre che i correlati servizi di assistenza tecnica.
In principio dell’anno 2023 Alpha ha implementato una procedura aziendale che prevede la possibilità per i lavoratori dipendenti di prestare attività lavorativa nelle modalità del lavoro Agile (Smartworking); nello specifico, detta procedura consente al personale dipendente addetto alle operazioni di implementazione e manutenzione della piattaforma e di assistenza tecnica al cliente – attività che, per loro natura, si prestano ad essere svolte in gran parte da remoto – di rendere la propria prestazione nelle modalità del lavoro agile sino ad un massimo di 3 settimane in un periodo di rilevazione quadrisettimanale.
Mario Rossi, lavoratore dipendente in forza alla società ed addetto alle sopra descritte attività, dopo aver sottoscritto con la società l’accordo individuale prescritto dalle vigenti norme di legge e volto a disciplinare limiti, condizioni e modalità del ricorso allo smartworking, ha informato Alpha della propria intenzione (fatte salve eventuali necessità tecnico/organizzative/produttive aziendali) di prestare effettivamente attività per 3 settimane ogni 4 dall’abitazione dallo stesso recentemente acquistata in Belgio, Paese nel cui territorio il dipendente ha intenzione di trasferire la propria residenza.
Poiché la sopra citata procedura aziendale nulla prevede in merito alla possibilità di prestare attività in modalità smartworking dall’estero, la società si trova quindi nella necessità di essere edotta in primis in merito alla possibilità per il dipendente di svolgere la propria prestazione lavorativa dall’estero, oltre che in merito alle eventuali implicazioni giuridiche, fiscali ed amministrative di tale soluzione.
Attori primari
Alpha Srl, società che applica al personale subordinato il CCNL per i dipendenti di aziende del terziario, distribuzione e servizi.
Mario Rossi, dipendente di Alpha, assunto a tempo indeterminato con mansioni di programmatore.
Quesito
In base alle disposizioni di legge vigenti, Mario Rossi potrebbe svolgere parte della propria prestazione lavorativa all’estero? Ove ciò sia possibile, quali sono le implicazioni con riferimento alla gestione del rapporto di lavoro intercorrente tra le parti?
Fonti normative e giurisprudenza
Artt. 18 e ss. legge 81/2017
Regolamento CE n. 883/2004
Artt. 2 e 3 DPR n.917/1986
Principi generali
Preliminarmente, non si può che evidenziare come nessuna norma di legge vieti al lavoratore dipendente di svolgere la propria prestazione lavorativa nelle modalità del lavoro agile da Paese estero, ove le parti (lavoratore e datore di lavoro) si accordino in tal senso.
Tuttavia, la decisione di percorrere tale soluzione espone il datore di lavoro a conseguenze amministrative, gestionali, previdenziali e fiscali di rilevante entità.
In materia di contribuzione previdenziale, in ambito comunitario (poiché il Paese oggetto della presente trattazione parte della UE) vige il principio della Lex Loci laboris (il cd. “Principio di territorialità del diritto”), come ribadito dal Regolamento CE n. 883/2004 (modificato dal regolamento CE n. 988 del 16 settembre 2009); il citato regolamento, infatti, all’art 11, comma 3, lett. a), dispone che
“…una persona che esercita un’attività subordinata o autonoma in uno Stato membro è soggetta alla legislazione di detto Stato membro; …”.
La rigida applicazione del principio della lex loci laboris conosce, tuttavia, delle deroghe, una delle quali – per quanto qui rileva – trova applicazione nell’ipotesi in cui una persona eserciti abitualmente un’attività di lavoro subordinato in due o più Stati Membri.
Disposizione di riferimento in materia per quanto attiene l’ipotesi al nostro esame (in cui il lavoratore è intenzionato a trasferire la propria residenza all’estero), è l’art. 13, comma 1, del Regolamento CE n. 883/2004, ai sensi del quale la persona che esercita abitualmente un'attività subordinata in due o più Stati membri (Italia e Belgio, nel caso di specie) è soggetta “se esercita una parte sostanziale della sua attività in tale Stato membro, alla legislazione dello Stato membro di residenza”.
Per quanto attiene, invece, il profilo fiscale, necessario punto di partenza al fine della determinazione del regime fiscale applicabile al lavoratore è la corretta individuazione della ubicazione della residenza fiscale dello stesso.
Quanto sopra si rende necessario in ragione del fatto che i redditi da lavoro dipendente del citato lavoratore saranno soggetti ad un trattamento fiscale differente a seconda che lo stesso debba o meno essere considerato fiscalmente residente in Italia ovvero, nel caso di specie, in Belgio.
In base alle disposizioni di legge vigenti in Italia, di cui all’art. 2, commi 1 e 2 del DPR n.917/1986 (di seguito, “TUIR”, Testo Unico delle Imposte sui redditi) soggetti passivi dell'imposta (ndr. IRPEF) sono le persone fisiche, residenti e non residenti nel territorio dello Stato.
Ai fini delle imposte sui redditi, peraltro, si considerano residenti le persone che per la maggior parte del periodo di imposta (183 giorni in generale, 184 negli anni bisestili) sono iscritte nelle anagrafi della popolazione residente o hanno nel territorio dello Stato il domicilio o la residenza ai sensi del codice civile.
Ricordiamo, peraltro, per completezza di informazione come l’imposta sul reddito delle persone fisiche si applica, per i non residenti, soltanto sui redditi prodotti nel territorio dello Stato italiano.
Scenario
In ragione della sopra riportata regolamentazione comunitaria, in ipotesi azienda e lavoratore dovessero concordare in merito allo svolgimento di gran parte della prestazione lavorativa dal territorio belga nelle modalità dello smartworking, poiché il lavoratore ivi
- trasferirà la propria residenza
- eserciterà una parte sostanziale della propria attività,
detto lavoratore stesso sarà soggetto esclusivamente alla legislazione sociale belga. Ai fini dell’applicabilità della sopra citata legislazione, il lavoratore sarà tenuto a comunicare alla competente istituzione belga (individuata in base alla legislazione ivi applicabile) lo svolgimento di attività di lavoro subordinato anche in Italia (per una settimana ogni 4) richiedendo il rilascio del formulario A1 da cui risulterà che l’interessato è soggetto esclusivamente alla legislazione dello stato di residenza, anche per l’attività di lavoro subordinato svolta negli altri stati. Sotto diverso profilo, la società sarà ovviamente tenuta ad attivarsi per provvedere al calcolo della contribuzione dovuta in Belgio in base alle norme ivi vigenti oltre che per il correlato pagamento (conseguentemente provvedendo ad aprire, ove richiesto, le necessarie posizioni previdenziali) e a quant’altro eventualmente previsto dalla legislazione belga.
Per quanto attiene l’imposizione fiscale, in base alle citate disposizioni dell’art. 2 del TUIR, in ipotesi Mario Rossi, per la maggior parte del periodo di imposta non risulti iscritto nelle anagrafi della popolazione residente in Italia e nel medesimo Paese non risulti avere né il domicilio né la residenza ai sensi del codice civile, in Italia dovrà essere assoggettata ad IRPEF solo la quota di reddito effettivamente prodotto sul territorio italiano (il corrispettivo per una settimana di lavoro ogni 4), mentre la rimanente parte sarà soggetta ad imposizione in Belgio, Paese nel quale Mario Rossi sarà poi tenuto ad assolvere ai propri obblighi dichiarativi, ovunque prodotti.
Conclusioni
Come più sopra visto, lo svolgimento di attività in modalità smartworking in Paese estero, comporta numerose preliminari valutazioni oltre che consistenti oneri gestionali per il datore di lavoro, complicazioni ancora più gravose in ipotesi il paese straniero sia extra Ue (in particolare per quanto attiene le obbligazioni previdenziali che potrebbero risultare duplicate).
Pertanto, ove Alpha non voglia riconoscere ai propri dipendenti la facoltà di prestare attività in modalità smartworking al di fuori del territorio italiano, dovrebbe opportunamente escludere in modo espresso tale possibilità nella propria procedura aziendale.
Purtuttavia, pur nell’attuale silenzio del regolamento, in ragione delle gravose conseguenze (in termini di adempimenti amministrativi e correlati costi) che lo svolgimento di prestazione lavorativa dall’estero comporterebbe, la società in ogni caso è legittimata a non riconoscere al lavorare detta facoltà.
Si rimane a disposizione per qualsiasi eventuale ulteriore confronto si dovesse ritenere opportuno