NOVA
N. 54


06 NOVEMBRE 2024

Residenza fiscale della persona fisica – Definizione e istruzioni operative

Con circolare 4 novembre 2024, n. 20/E, l’Agenzia delle Entrate (AdE) ha reso istruzioni operative in materia di residenza fiscale delle persone fisiche alla luce all’art. 2, c. 2 del D.P.R. n. 917/1986 (TUIR) come modificato dall’art. 1 del D.Lgs. n. 209/2023.
A decorrere dal 1° gennaio 2024, tale disposizione prevede che ai fini delle imposte sui redditi si consideri residente in Italia la persona fisica che per la maggior parte del periodo d’imposta abbia nel territorio dello Stato la residenza ai sensi del codice civile o il domicilio ovvero sia quivi presente. Nel computo del maggior periodo d’imposta sono comprese le frazioni di giorno.
Introdotta a far tempo dal 1° gennaio 2024 (art. 7, c. 1 del D.Lgs. n. 209/2023) perché sia i) assicurato un migliore raccordo con le norme internazionali, ii) garantita maggiore certezza giuridica e iii) ridotto il contenzioso, la nozione di residenza fiscale di cui all’art. 2, c. 2 del TUIR assume particolare rilievo in quanto costituisce il presupposto fondamentale per l’applicazione del sistema impositivo italiano, basato sul principio di tassazione del reddito mondiale (worldwide taxation principle) di cui all’art. 3, c. 1 del TUIR.

Stando alla definizione di residenza fiscale di cui al richiamato art. 2, c. 2 del TUIR, e il cui accertamento è in ogni caso fondato sul riscontro di elementi fattuali, valutati caso per caso, deve intendersi fiscalmente residente in Italia la persona fisica che per la maggior parte del periodo d’imposta, corrispondente a 183 giorni in un anno (ovvero 184 giorni quando trattasi di anno bisestile), anche non consecutivi:

1) abbia la residenza nel territorio dello Stato ai sensi del codice civile. Al riguardo, si consideri che la nozione civilistica di residenza si compone di un i) elemento oggettivo, consistente nella permanenza in un luogo per un periodo prolungato apprezzabile, anche se non prevalente sul piano quantitativo, e di un ii) elemento soggettivo, riscontrabile quando la persona manifesti l’intenzione di abitare stabilmente in un luogo ed essa sia evincibile dalle consuetudini di vita e dallo svolgimento delle normali relazioni sociali, familiari e affettive (Corte di Cassazione, sentenza 15 febbraio 2021, n. 3841);

2) abbia il domicilio nel territorio dello Stato. Dal 1° gennaio 2024 per ‘domicilio’ deve intendersi ‘il luogo in cui si sviluppano, in via principale, le relazioni personali e familiari della persona’. A tal proposito, l’AdE ha precisato che nel novero di relazioni familiari e personali sono comprese:

- le relazioni disciplinate da disposizioni di legge, come, ad esempio, il rapporto di coniugio o l’unione civile,

- le relazioni personali ‘stabili’ - quali la ‘convivenza’ -, da cui si evinca un radicamento con il territorio. 
A parere dell’AdE, anche l’iscrizione annuale ad un circolo culturale e sportivo può costituire un elemento attestante il domicilio della persona.
In ogni caso, l’accertamento del domicilio in Italia è condotto, oltre che alla luce delle circostanze più sopra indicate, anche valutando la condotta della persona e gli atti concreti da questa compiuti e dai quali emerga la volontà di stabilire e mantenere un legame effettivo con il territorio.
È evidente come, anche in considerazione della crescente mobilità delle persone, l’accertamento della residenza fiscale possa rivelarsi particolarmente difficoltoso, in quanto gli elementi caratterizzanti il domicilio - come, ad esempio, l’abitazione di proprietà - potrebbero essere riscontrati al contempo in più Stati;

3) risulti essere presente nel territorio dello Stato, comprendendo nel computo, come detto, anche le frazioni di giorno. Tale criterio, introdotto dal 1° gennaio 2024, è autonomo (cioè di per sé sufficiente a determinare la residenza fiscale in Italia) e oggettivo (meramente fattuale), verificato sulla sola base della presenza fisica in Italia, anche per periodi non continuativi e prescindendo dalle ragioni che l’hanno determinata.

In relazione alla presenza nel territorio nazionale, l’AdE ha precisato, a mero titolo esemplificativo, come tale requisito risulti verificato quando la persona fisica ‘trascorra in Italia la maggior parte del periodo d’imposta, anche se in modalità frazionata, per vacanza, o per motivi di studio, oppure per far visita ad amici o parenti’ così come nel caso in cui svolga la propria attività di lavoro in Italia ‘pur mantenendo la residenza (anche a fini anagrafici), la famiglia e ogni altro legame affettivo e personale all’estero’.
Ai fini del computo del periodo di permanenza in Italia rilevano anche le frazioni di giorno. In proposito, l’AdE ha evidenziato come ‘per escludere la residenza in Italia, sono valutate particolari situazioni in cui la presenza sul territorio dello Stato è meramente temporanea od occasionale, come può avvenire, ad esempio, in ipotesi di scalo aereo nel territorio nazionale dovuto a una coincidenza per recarsi in un Paese estero’.
Il criterio della presenza in Italia trova ovviamente applicazione anche nei confronti della persona fisica tenuta a svolgere la propria attività di lavoro secondo le modalità del lavoro agile (‘smart working’) o da remoto, a nulla rilevando il fatto che il datore di lavoro sia stabilito in altro Stato; dunque, in tal caso devono intendersi attratti nel regime impositivo italiano i redditi ovunque prodotti, sempre che, come meglio precisato in seguito, non siano applicate le disposizioni dettate da una convenzione contro le doppie imposizioni stipulata dall’Italia ai sensi delle quali la potestà impositiva sia diversamente attribuita;

4) sia iscritta nell’Anagrafe Nazionale della Popolazione Residente (ANPR). È opportuno evidenziare come tale requisito soggettivo costituisca, a differenza di quanto stabilito sino al 31 dicembre 2023, una ‘presunzione relativa’, che ammette una prova (fattuale) contraria. Pertanto, la persona iscritta nell’Anagrafe è considerata fiscalmente residente in Italia sin tanto che non dimostri, sulla base di elementi che possono essere suffragati da un riscontro oggettivo, che detta iscrizione non corrisponde ad una residenza effettiva in Italia. 

Dunque, la residenza fiscale in Italia è accertata quando ricorra almeno uno dei criteri testé elencati, ma, in ogni caso, la persona fisica può dimostrare, con il conforto appunto di ‘elementi oggettivamente riscontrabili’, l’insussistenza dei criteri alternativi di cui ai precedenti punti 1), 2), 3) e 4).

È invariato l’art. 2, c. 2-bis del TUIR, per effetto del quale si considerano altresì residenti, salvo prova contraria, i cittadini italiani cancellati dalle anagrafi della popolazione residente e trasferiti in Stati o territori aventi un regime fiscale privilegiato. Trattasi degli Stati inclusi nell’elenco di cui al D.M. 20 luglio 2023, dal quale la Confederazione elvetica è esclusa dal 1° gennaio 2024.

La prova di un’effettiva residenza in altro Stato o territorio s’intende in tal caso offerta dalla persona fisica quando sia da questa dimostrata ‘la perdita di ogni significativo collegamento con lo Stato italiano e la parallela controprova di una reale e duratura localizzazione nel paese fiscalmente privilegiato’.

Poiché, come precisato, i criteri alternativi di cui ai punti 1), 2), 3) e 4) entrano in vigore solo dal 1° gennaio 2024, in relazione alla persona fisica la cui residenza sia stata accertata sino al 31 dicembre 2023 secondo il previgente impianto normativo si dovrà procedere, per quanto concerne il periodo d’imposta in corso al 1° gennaio 2024, ad una verifica della residenza fiscale in Italia secondo i nuovi criteri.

Per quanto concerne il regime fiscale speciale per gli impatriati (art. 5 del D.Lgs. n. 209/2024), il requisito soggettivo di non essere stato residente nei periodi d’imposta che precedono il trasferimento della residenza fiscale in Italia deve essere accertato alla luce del vigente art. 2, c. 2 del TUIR.

Considerazioni a parte merita il rapporto tra il citato art. 2, c. 2 del TUIR e le convenzioni internazionali contro le doppie imposizioni. In forza della prevalenza del diritto internazionale pattizio sull’ordinamento nazionale, le norme convenzionali sono a questo sovraordinate. Pertanto, trovano applicazione le specifiche regole dettate dalla convenzione (tie break rules) ogni qual volta le norme degli Stati contraenti in tema di residenza fiscale non consentano d’individuare con certezza la residenza fiscale della persona fisica interessata.

Tali specifiche regole convenzionali, che decretano la prevalenza del criterio dell’abitazione permanente e al quale seguono, secondo una sequenza gerarchicamente ordinata, i) il centro degli interessi vitali, ii) il soggiorno abituale e iii) la nazionalità del contribuente, è presumibile avranno una più diffusa applicazione proprio a motivo del novellato art. 2, c. 2 del TUIR, i cui criteri alternativi non potranno che determinare con maggior frequenza rispetto al passato l’attribuzione simultanea della residenza fiscale della persona fisica sia al regime impositivo italiano che a quello di altro Stato.

Come noto, talune convenzioni contemplano il frazionamento del periodo d’imposta ai fini dell’attribuzione della residenza fiscale (split year clause). Trattasi delle convenzioni stipulate con Germania, Svizzera e Panama, in forza delle quali ‘la persona fisica che ha trasferito definitivamente il suo domicilio da uno Stato contraente all’altro cessa di essere fiscalmente residente nel primo Stato contraente a partire dal giorno successivo a quello del trasferimento’.

 

Si rimane a disposizione per qualsiasi eventuale ulteriore confronto si dovesse ritenere opportuno.








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